18 marzo 1960

Questo racconto fa parte di Storie ad un metro …dal palco

di Mirka Domeniconi

ho 65 anni e non ho mai scritto racconti

Mirka Domeniconi

oggi quando ho visto la data sul calendario ho pensato che era un peccato non poter avere i falò accesi questa sera. E allora ho deciso di accenderne uno per tutti quelli che vogliono leggermi

Mirka Domeniconi

18 marzo 1960

La focarina di san Giuseppe è una tradizione romagnola che la sera tra il 18 marzo ed il 19 marzo vede i romagnoli accumulare cataste di cose vecchie per dar loro fuoco. Qualche dettaglio in più a questo link.

Mio fratello Widmer è appena tornato a casa dalla scuola, pranza in fretta e scappa via. I suoi amici lo stanno aspettando impazienti.

Bisogna correre, visitare tutti i contadini della zona per raccogliere le ultime potature. Sono giorni che i ragazzi vanno alla ricerca di materiale “infiammabile” e lo accumulano nelle loro case. E’ giunto il momento di preparare la catasta al centro della Via Madonnina, davanti a casa di Widmer.

Questa sera bisogna accendere la fugaréna e la nostra deve essere la più grande di tutte. La nostra è una stradina bianca di 250 metri con le case allineate ai lati. Ogni anno, alla vigilia di San Giuseppe, i ragazzi, divisi in tre bande, ammucchiano tutto quello che può essere bruciato in grosse cataste: una sulla Via del Mare, davanti a Via Madonnina, la seconda al centro, davanti alla casa di Widmer, la terza in fondo alla strada davanti alla casa di Piero, un ragazzino handicappato che passa le sue giornate su una poltrona sotto al portico ad osservare l’andirivieni dei ragazzi sulla strada.

Il lavoro ferve, la catasta cresce. I ragazzi accumulano tutto quello che può ardere. Bisogna stare attenti, perché tutto quello su cui riescono a mettere le mani oggi finirà bruciato nella fugaréna. E’ una gara a chi fa la fiamma più alta. Non ci sono premi in palio, ma tutti si impegnano al massimo per vincere.

Il pomeriggio volge al termine, oramai il lavoro è concluso, i ragazzi sono stanchissimi, avranno fatto centinaia di viaggi e non vedono l’ora di iniziare. Questa sera la cena si fa quasi in piedi, due morsi e via, sulla strada a controllare l’altezza delle cataste degli avversari, a racimolare le ultime cose che possono essere portate via dalle proprie case, a impietosire la mamma che non vuole cedere la cassetta vecchia e rotta usata per la legna.

Quando l’oscurità scende, le fiamme iniziano a salire. I bimbi corrono intorno al fuoco; le adolescenti ripetono la frase “San Jusef fam cresc e pèt”; le donne, scese in strada con la loro sedia, chiacchierano con le vicine: un occhio alle amiche, un occhio ai piccoli, uno alle fiamme; ma quanti occhi hanno le mamme?

Gli occhi dei ragazzi sono puntati sui falò avversari. La fugaréna in cima alla strada è partita molto forte, bisogna fare un ulteriore sforzo, “raggranellare” qualcos’altro da buttare sul fuoco. L’occhio delle mamme si sposta preoccupato sui ragazzi, o meglio su quello che i ragazzi vogliono bruciare.

E così, in poco tempo, tutto il lavoro della giornata va in fumo. I ragazzi intorno al fuoco morente stabiliscono soddisfatti che quest’anno ce l’abbiamo fatta, la nostra è stata sicuramente la fugaréna vincente. La mia mamma sposta le braci e tira fuori le patate messe a cuocere con la buccia, soffia via la cenere, le taglia in due e le distribuisce a tutti i partecipanti. Scottanoooooo… ma quanto sono buone!

Questo racconto è di Mirka Domeniconi che ha gentilmente concesso a Theatre of Tarots di pubblicarlo sui propri canali di pubblicazione

Licenza Creative Commons
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One Reply to “18 marzo 1960”

  1. Alberto says:

    ❤ quando le strade non erano solo una entità topografica.

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